Un canto, parodiando a Whitman, para mí mismo.
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Como, una vez, te dije
hoy me encuentro alejado
de quehaceres políticos,
de búsquedas constantes
sobre la urdimbre del “Román Paladino”,
de la epistemología y de sus entornos,
de la gnoseología y de sus esperanzas.
Solo contemplo algunos, pero breves momentos
que me hacen escribir algunas líneas
“que quieren ser poemas”,
como dijo una vez el otro Luis.
Así,
me dedico a contemplar mis aceitunas
en los prados “dei Castelli Romani”.
Ahí,
en donde Horacio columbró lo que fueron sus Odas.
Allí,
en donde Virgilio cantó lo que vieron sus Geórgicas
y Ovidio, el hijo de Sulmona, recordando a Catulo,
miraba las líneas constructoras de su arte amatoria.
Total,
sé que la contemplación del tramonto romano
y el histórico verde de esta planta admirada
harán que yo recuerde, sin penas ni rencores,
la renuncia de sutiles caricias
que en un tiempo fueron
almíbar de mis días.
Roma, finales del verano del año 2005.
ULIVETI DI UN GIORNO
Come, una volta, ti ho detto
oggi mi trovo così lontano
dagli affari politici,
dalle ricerche costanti
sull’ordito del “Roman Paladino”
dall’epistemologia e dei suoi dintorni,
dalla gnoseologia e delle sue speranze.
Soltanto vedo alcuni, ma così brevi attimi
che mi fanno scrivere qualcuna delle righe
“che vogliono essere poemi”,
come ha detto un’altra volta un altro Luigi.
Proprio così mi dedico a vedere
le mie olive nei prati dei Castelli Romani.
Lì, dove Orazio contemplò
ciò che dopo furono le sue Ode.
Lì, dove Virgilio cantò
ciò che vedessero le sue Georgiche
e Ovidio, il figlio di Sulmona,
col ricordo di Catullo,
vedeva le righe costruttrici della sua arte amatoria.
Alla fine, so che la contemplazione
del tramonto romano
e lo storico verde della pianta ammirata
faranno che ricordi, né pena né rancori,
la rinunzia ad carezze sottili
che sono state, qualunque tempo fa,
lo sciroppo dei quei miei giorni belli.
Roma, alla fine dell’estate 2005.